lunedì, agosto 07, 2006
posted by Noek at 21:32






















Ma come vorrei avere i tuoi occhi,
spalancati sul mondo come carte assorbenti
e le tue risate pulite e piene, quasi senza rimorsi o pentimenti,
ma come vorrei avere da guardare ancora tutto come i libri da sfogliare
e avere ancora tutto, o quasi tutto, da provare...
Culodritto, che vai via sicura, trasformando dal vivo cromosomi corsari
di longobardi,
di celti e romani dell' antica pianura, di montanari,

reginetta dei telecomandi, di gnosi assolute che asserisci e domandi,
di sospetto e di fede nel mondo curioso dei grandi,
anche se non avrai le mie risse terrose di campi, cortile e di strade

e non saprai che sapore ha il sapore dell' uva rubato a un filare,

presto ti accorgerai com'è facile farsi un' inutile software di scienza
e vedrai che confuso problema è adoprare la propria esperienza...
Culodritto, cosa vuoi che ti dica?
Solo che costa sempre fatica
e che il vivere è sempre quello, ma è storia antica,
Culodritto...
dammi ancora la mano, anche se quello stringerla è solo un pretesto per sentire quella tua fiducia totale che nessuno mi ha dato o mi ha mai chiesto;
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto...
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare...
(Francesco Guccini_ Culodritto)


Son tornata da qualche giorno (riparto presto comunque) ma non ho ancora scritto nulla...
ho vissuto tre settimane molto particolare e il ritorno alla quotidianità è quanto mai traumatico...
anzi è un ritorno pieno di vergogna...
vergogna per il confronto tra la mia vita e quella del bimbo della foto...
vergogna per la mia incapacità di essere felice
vergogna per la mia cecità
vergogna per i miei simili...

Sono stata una settimana a Sisak, un campo profughi di rom e serbi in Croazia
abbiamo fatto animazione ai bambini del campo..
un'esperienza unica
bellissima e terribile allo stesso tempo

Ci sarebbero mille cose da raccontare e mille foto da vedere...
alcune immagini e alcuni ricordi li trovate sul mio Fotoblog

Mi sono letteralmente innamorata di questi bimbi soprattutto di Pecho, Sabina, Miroliou e Antonio (i più piccini), ma anche della semplicità e della grande dignità della gente del campo.
Delle rughe piene di anni e ricordi degli anziani,
delle mani callose dei padri,
dei sorrisi di questi bimbi,
della fiducia delle madri che con un solo sguardo eloquente ti affidavano ciò che hanno di più prezioso.. i loro bimbi.

Mi hanno invaso mille pensieri
inizialmente lo sconforto per non riuscire a rapportarmi con i bimbi, le difficoltà della lingua, le barriere fisiche... il fastidio del contatto con la loro puzza e il loro sporco...
quindi la vergogna per la mia incapacità...
poi piano piano, aiutata dal loro affetto e dagli scherzi dei ragazzini più grandi (e dai gavettoni che abbiamo fatto per lavarli) sono riuscita a superare le barriere
e da allora ho passato la settimana con almeno un bambino in braccio e uno affianco che diceva "vrteme" (cioè prendimi su e fammi girare)
fino all'ultimo, fino all'estremo dolore della partenza...
con Sabina in braccio...
vedere il suo sorriso durante le giravolte mi ha gettata in un mare di lacrime...
le sue piccole braccine intorno al collo... mi serravano la gola
volevo portarla con me
non sopportavo l'idea di doverla lasciare lì
mi chiedevo e mi chiedo tutt'ora cosa stia facendo
se ci sia qualcuno a coccolarla, a metterle le scarpine, a giocare con lei, a farla sognare...
Che futuro avrà?

Io confido nei ragazzi del campo in Daniel e in Stanoja
in quelli come loro che si affacciano alla vita, in fondo, con una marcia in più...
i ragazzi della ricostruzione e i ragazzi della pace, mi piace pensarli così...
forse grazie a loro Sabina, Pecho, Miroliou, Antonio e tanti altri riusciranno ad avere un futuro...

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9 Comments:


At 08 agosto, 2006 01:49, Blogger Bloggo

Ha fatto un'esperienza di cuore noek, non cadrà nel vuoto, il loro futuro sarà anche merito tuo. e la vergogna la devono provare tutti coloro che non hanno il coraggio di fare quello che hai fatto, io per esempio.

 

At 08 agosto, 2006 11:34, Blogger Mauro R.

Sani portatori di speranza, di gioia, di pace, di dolcezza...di mentalità nuove, migliori, aperte rispetto alla grettezza mentale tipica nostrana.Tutto questo sei te, e chi fa questo. Tanti complimenti e stima, hai un dono che pochi hanno, neanche io.
Salutoni.

 

At 08 agosto, 2006 12:51, Blogger Fabrizio Giannone

Mi hai toccato. Esiste qualche posto dove richiedere informazioni...sono molto interessato...

 

At 08 agosto, 2006 13:43, Blogger Noek

@fabrizio: siamo andati appoggiandoci alla Caritas di Genova... quello può essere un ottimo riferimento

@bloggointestinale: beh se non avessi avuto un gruppo dietro con cui fare questa esperienza non ne avrei mai avuto il coraggio...

@pensierisfasati: beh... arrossisco.. grazie per le belle parole

 

At 08 agosto, 2006 17:44, Blogger Fabrizio Giannone

Grazie! Genova non è poi così lontana...le ferie mi permetteranno sicuramente di andare a dare un'occhiata!

 

At 09 agosto, 2006 19:34, Blogger Unknown

Bello e toccante il tuo racconto, ci si immedesima facile. Bellissimi anche i tuoi scatti. Tutto ciò mi fa venir voglia di partire per qualche posto come quello in cui sei stata tu: forse un giorno lo farò.
Intanto grazie per aver condiviso con noi questa tua esperienza profonda: sono contento per quello che ti ha dato.
Ti lascio un mio racconto "deandreiano" sui rom, spero ti piaccia. Saluti.

KHORAKHANE'- Il canto del vento

Sto, come al solito, a guardare il cielo, sul finir della sera.
Il vento spira forte da Est e si fa strada nel nostro campo, quasi sorpreso ogni volta di trovarci in un posto diverso. La nostra vita segue inevitabilmente il giorno, i nostri battiti rallentano via via che il sole svanisce mentre torniamo a testa stanca verso i nostri alloggi viaggianti, lungo strade sperse in grandi distese di campi incoltivati. Questa volta abbiamo fermato i nostri passi un po' più a lungo, qui, in questo campo dove qualche tempo fa gli anziani costruirono un pozzo artesiano e che poi i civili trasformarono in cemento e gabinetti. I bambini corrono, giocano e pisciano, sguazzano in quei laghi gialli inassorbiti dalla terra ricoperta di catrame. A me non capitava, eravamo liberi, i nostri campi erano come da secoli esistevano, fatti di terra e fuoco. E la nostra gente ci viveva sopra tra miseria e fortuna. Il passato avvolge spesso i miei pensieri e li trasforma in ricordi che mi fanno battere veloce il cuore.
Quando morì, mio padre mi regalò la collana che portava sempre, la collana di famiglia, con un pendaglio a forma di toro. Chiunque incontriamo nei nostri viaggi, di qualunque casta, sa chi sono. La stirpe è generosa nel suo significato: posso bere e mangiare con tutti, mi offrono alloggio. A volte penso, e sempre, quando guardo il cielo, che anche ogni nuvola, ogni fiume che guadiamo, ogni foglia che cade, ogni polvere calpestata mi riconosca e mi saluti. Tutto questo ha sapore antico, porta con sé la testimonianza di generazioni dello stesso sangue gitano, gente di popoli dove magia e mistero si fondono alla necessità di sopravvivenza, dove il pane ha lo stesso valore di una collana a forma di toro per una ragione di vita giusta, libera, dignitosa in tutta la sua sacralità, in quanto vita.
Mi ricordo ancora quando da bambino guardavo stupito le rughe di mia nonna, le sue vene sulle tempie così pronunciate, le sue grandi labbra, le sue mani che sentivo così ruvide quando prendeva le mie per insegnarmi i segreti della vita nascosti tra le pieghe naturali della nostra pelle. O per avvertirmi di stare attento ad ogni elemento della natura: acqua, terra, fuoco e aria, ognuno che prende e che dà, esige rispetto, paura, comprensione, soprattutto in quei messaggi mutevoli, nascosti dalla storia della Terra. Ho l’immagine di mia nonna sola, a sbirciare quel che resta della sua vita davanti ad una finestrella di plastica, ad ammirare fuori un mondo che non gli appartiene più.
Mio nonno trovò la morte in Polonia durante le persecuzioni: lo presero e lo fucilarono appeso a testa in giù insieme ad altri trenta zingari, in piena campagna, in modo che tutti potessimo vedere. Fummo costretti a fuggire lontani, prima in Ungheria, poi in Yugoslavia fino ad arrivare in Italia. Non dimenticherò mai le lacrime di mia nonna davanti a quell'orrore, o le lacrime di mio padre quando ci incendiarono l'intero campo vicino a Danzica; e ancora lacrime, di mia madre, quella sera attorno ad un falò a ricordare e finalmente poter piangere di sollievo, sotto le ombre delle nostre giostre ormai stanche e in disuso.
E oggi è giorno di elemosine. Le bambine si portano fino alla periferia della città a mendicare qualche spicciolo. A volte tornano con i segni addosso, con le bastonate dei civili. Ci dicono di essere state picchiate, così, per odio, insultate - Ladre! Andatevene via e dite ai vostri genitori che se rubano ancora, stavolta gli diamo fuoco! -.
Ma chi ha il diritto di giudicare la nostra gente, le nostre usanze, la nostra vita? Il caso governa ogni punto di vista, ogni pensiero, ogni popolo ed ogni uomo ad esso assegnato.
I nostri occhi zingari sono rivolti solo a Dio. Come ora, che guardo il cielo farsi scuro, e sento di lontano le nostre donne accendere il fuoco, intonando il nostro canto più antico:

- Poserò la testa sulla tua spalla
e farò
un sogno di mare
e domani un fuoco di legna
perché l'aria azzurra
diventi casa.
Chi sarà a raccontare
chi sarà
sarà chi rimane;
io seguirò questo migrare,
seguirò
questa corrente di ali –

Questo racconto è ispirato alla canzone "Khorakhané (a forza di essere vento)" di F. De André - I. Fossati (Edizioni Musicali: Il Volatore s.r.l., Nuvole s.a.s., BMG Ricordi S.p.A.) di una cui parte è qui riportata la traduzione, a termine del racconto, tratta dal libro "Fabrizio De André - I testi e gli spartiti di tutte le canzoni" edito dalla casa editrice Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. nella collana "SuperMiti".

 

At 10 agosto, 2006 19:30, Blogger PiB

vergogna per la mia incapacità di essere felice
vergogna per la mia cecità
vergogna per i miei simili...

dal contrasto si impara...una esperienza come questa aggiunge tanti contrasti che ti insegnao molto...le foto su Flickr parlano molto

 

At 22 agosto, 2006 08:42, Blogger artemisia

Non provare vergogna. Non ne hai motivo.
Tu hai un grande dono, e sei un grande dono per chi ti è intorno. Meno male che c'è anche gente come te.
Ci fai bene.

 

At 26 agosto, 2006 23:05, Anonymous Anonimo

eh si un confronto ke ci fa capire tante cose, ci sarebbe tanto da dire, ma non riesco a scriverlo.